Gioielli tecnologici e artigiani 2.0

Eccoci qui! Mamma mia quanto è difficile scrivere di questo argomento. Eppure non dovrebbe esserlo, perché è uno dei miei preferiti. Il problema è che ci sono così tante cose da dire e di cui parlare che forse più che un post dovrei scrivere un manuale, ma, non avendo le competenze tecniche necessarie ne parlerò a modo mio.

L’argomento che vorrei affrontare sono i gioielli tecnologici (e per gioielli intendo anche quelli di materiali non preziosi). Prima di tutto quindi è importante chiarire cosa sono e cosa non sono, per me, i gioielli tecnologici.

  1. Sono quelli realizzati con l’ausilio di nuove tecnologie e non solo con le tecniche tradizionali. Ad esempio la tecnica a cera persa dove il modello in cera è realizzato, non a mano, ma con una stampante 3D. Questo consente tempi di lavorazione più rapidi e realizzazioni, in alcuni casi, più dettagliate. 
  2. Sono quelli realizzati con materiali e tecniche innovative. Ad esempio con materiali diversi stampati in 3D o tagliati e/o lavorati al laser o con delle frese a controllo numerico (con materiali plastici, fibre vegetali, fibre metalliche). Oppure con nuove paste simili all’argilla ma in leghe metalliche come il “silver clay“, che si modellano a mano e poi si fanno asciugare o ancora con resine che inglobano elementi diversi al loro interno (materiali vegetali, piccoli oggetti, brillantini, paillette, fibre, veramente di tutto).
  3. Sono quelli che oltre al valore estetico, imprescindibile per me, hanno al loro interno anche degli elementi tecnologici. Ad esempio alcuni bracciali con minicomputer incorporati al loro interno o i gemelli da camicia con memoria USB. 
  4. Sono quelli che utilizzano componenti tecnologici come elementi decorativi, come ad esempio i gioielli fatti con schede madre, circuiti e componenti elettronici.

Questi sono alcuni dei punti che rendono, secondo me, un gioiello tecnologico. Ci tengo a chiarire che si deve comunque unire una componente artigianale, perché di fatto molte di queste tecnologie esistono già a livello industriale, ma i movimenti maker le hanno portate in formato ridotto anche all’interno di piccoli laboratori e nelle mura domestiche.

Chiarito questo punto, si apre un mondo di possibilità. Molti di questi gioielli sono realizzati con materiali plastici di vario tipo. Altri usano macchine controllate da computer, miscroprocessori, microcontrollori o addirittura schede di facile uso. Insomma fare gioielli è diventato un po’ più facile e alla portata i tutti.

Molte persone a volte nemmeno si accorgono di questo perché la tecnologia è talmente nascosta dal fattore estetico che passa in secondo piano ad esempio i gioielli in plexyglass tagliati al laser e assemblati talmente bene che non ti domandi come l’artigiano/designer li abbia realizzati perché rimani incantato.

Qui vediamo il primo step dei gioielli tecnologici, il design!

Infatti utilizzando delle macchine l’artigiano che li realizza più che una persona che lavora con le mani è uno che lavora con l’immaginazione e…con la tecnologia. Ovviamente sono richieste anche in questo campo una serie di competenze, come la capacità di usare programmi di grafica specifici. Infatti mentre il progetto viene fatto con dei software, a realizzarlo, completamente o in parte, é la macchina. Quindi? E’ un lavoro che si può definire artigianale? Ha lo stesso valore di un lavoro fatto a mano?

Il discorso qui diventa davvero ingarbugliato, perché spesso gli artigiani hanno la capacità manuale ma si limitano a ripetere disegni e tecniche antiche.

Questo ad esempio capita in tante famose manifatture di ceramica in giro per il mondo, dove gli artigiani non apportano nulla a livello creativo o di design, pur avendo delle competenze tecniche e manuali molto elevate, ma si limitano a riprodurre oggetti il cui modello può risalire a diversi secoli prima.

Del resto un designer molto ingegnoso e con ottime competenze informatiche può immaginare e creare gioielli molto originali e innovativi senza quasi toccarli, basti pensare alla stampa 3D.

Il discorso poi va ancora oltre se alle competenze manifatturiere si uniscono quelle tecnologiche e creative. A quel punto otteniamo un artigiano 2.0, come si dice oggi, cioè in grado di immaginare ma anche di realizzare, con l’apporto della tecnologia ma anche della propria manualità prodotti esteticamente belli ma con un alto contenuto tecnologico. 

Nei prossimi post cercherò di tornare sul discorso, ospitando anche alcuni di questi artigiani, nella mia rubrica Make me Shine. A voi piacciono i gioielli tecnologici? Li avete mai visti o comprati? Scrivetemelo nei commenti. 

Credits:

Un grazie speciale a due bravissime artigiane che ho apprezzato durante la Maker Faire Rome e che hanno accettato di contribuire con le loro creazioni a questo post rendendolo davvero speciale.

Camilla Andreani, architetto e designer, creatrice di Midorj che ha accettato di essere ospite nel mio blog con i suoi insettini tecnologici.

Sara Barroccu architetto d’interni che ha creato Barsa design, un brand nell’ambito della gioielleria dal design hi-tech, basato sull’uso della tecnologia di stampa 3D e della manifattura digitale.

7 commenti

  1. Mairi dice:

    Gli oggetti modellati con la Sivler Clay vanno cotti, non asciugano all’aria. Se consideri quelli fatti con la Silver Clay gioielli tecnologici, come consideri quelli fatti con le paste sintetiche (PVC)? Sono anche queli tecnologici? Dove va tirata la linea di confine?

    1. Il confine è sottile. Ma mentre le paste polimeriche esistono da molto tempo però, quelle contenenti metalli preziosi a parte essere più recenti, ma hanno al loro interno una notevole componente tecnologica se si riesce a rendere malleabile un metallo con le mani quando normalmente occorrono alte temperature per farlo. Secondo me è una cosa figa, puoi farti un gioiello d’argento senza mettere su un laboratorio da gioielliere.

      1. Mairi dice:

        Però la temperatura per la cottura è 500°C quindi serve un forno apposito, non basta il forno di casa. Assumere come criterio il fattore temporale, mi suona strano, le metal clay esistono dal 1990, quindi non così recenti, le polimeriche sono state create nel 1930 ma diffuse dagli anni ’70, bastano 20 anni per porre un confine tra tecnologico e non? Il fatto di lavorarle con le mani vale per entrambe, anche il PVC di solito viene lavorato in fabbrica e le polimeriche danno la possibilità di lavorarlo con le mani. Forse un criterio più plausibile è la divisione tra materiali preziosi e non preziosi, però a quel punto la tecnologia centra poco. Uhm, non sono convinta…

  2. palma rossetti dice:

    Assolutamente da valorizzare questi nuovi aspetti del gioiello,e tu sei bravissima ad entrarci dentro,! Ci sei entrata alla grande! Complimenti e continua cosi’!

  3. Ci sono cose che camminano sul filo del rasoio tra tecnologia e innovazione. Non sono esperta di paste polimeriche ma probabilmente contengono componenti tecnologiche al pari della Silver Clay, 20 anni fa probabilmente erano diverse da quelle odierne. La cosa interessante della SILVER CLAY è che questo è un metallo, almeno per me, reso malleabile non attraverso la siderurgia ma attraverso lo studio della tecnologia (chimica, fisica ecc…). Leggo nelle istruzioni sui siti che le vendono che esistono dei forni elettrici appositi per la cottura di queste paste. Non credo siano particolarmente ingombranti, non più dello spazio che occupa una stampante 3D ad esempio, credo la dimensione sia la stessa. Del resto io uso una molatrice e un saldatore elettrico quindi ognuno poi ha degli strumenti (più o meno tecnologici ) che usa. Poi non ti dico chi, ma sono che c’è gente che cuoce nel forno di casa ( o uno simile). Il punto non è la cottura, è che un metallo è diventato modellabile senza l’uso di una fornace e di un crogiuolo.

    1. Mairi dice:

      La Silver clay nel forno di casa no O__O deve arrivare a 500°C e più, il forno di casa arriva a 250°C, non ce la fa ad attivare il processo per farla indurire. E cmq sono ancora dubbiosa 😀 Oh poi ne parliamo a voce 🙂

      1. Va bene, ma non è che devo convincerti, ci sta che abbiamo opinioni diverse, non sei e non sarai sicuramente l’unica. Mi piace anzi il confronto. 🙂

Ti va di dirmi cosa ne pensi?